martedì 12 marzo 2013

Collage razzista

Ecco tre articoli che purtroppo segnalano episodi di razzismo nel calcio. Uno ad Arzignano, uno in Toscana, uno in Israele...

Yabre e il razzismo «Nero e bianco sono i colori del pallone»
LA STORIA. Il giocatore, originario del Burkina Faso, vittima di insulti
Dopo due episodi l'Arzignano calcio a 5 scrive alla Federazione: «La prossima volta ce ne andiamo»


Razzismo e calcio, binomio assurdo che però purtroppo esiste. Anche nei piccoli campi del futsal, come successo in occasione di due sfide dell'Arzignano. E l'insulto è ancora più meschino se ti arriva direttamente da un avversario che ti dà del “negro” o ancora peggio della “scimmia”. È successo a Mohamed Yabre, Momi per amici e compagni, maglia numero 11 dell'Arzignano sulle spalle e il cuore diviso a metà tra la terra natale Burkina Faso e Vicenza, sua città d'adozione. Due le sfide nell'occhio del ciclone, la prima contro il Prato e la seconda a Palmanova. «Lì per lì non sapevo se reagire o mollare tutto – spiega il giocatore biancorosso – sono stufo di scendere in campo ed essere offeso. Non ha senso tutto ciò, non tollero che l'offesa arrivi da qualche ignorante della tribuna, ma è ancora peggio se penso che a dirmi certe parole sia un giocatore che come me ama questo sport e lo pratica con grande passione». Ma in quei momenti non ha pensato di fare come Boateng, di togliersi la maglietta e andarsene? «L'ho pensato tante volte, ma alla fine non l'ho mai fatto perché sono qui per giocare e aiutare i miei compagni per vincere. Però a tutto c'è un limite e dopo Palmanova ho parlato coi miei compagni e con la società. Ne approfitto per ringraziarli del sostegno che mi hanno dato». Ma quando la offendono lei non riesce a dire niente? «Quando ero più giovane e magari stavo vincendo rispondevo all'avversario di guardare il tabellone. Quella era comunque incoscienza, adesso realizzo che uno mi offende perché vuole farmi del male». Contro il Prato il capitano Marcio alzò subito la voce. «Marcio non si scalda inutilmente, lo fa se ha ragione. Lui è un maestro che assieme al mister mi sta dando una grossa mano. Qualcuno deve capire che il bianco e il nero giocano con lo stesso pallone». La lettera. Intanto anche l'Arzignano alza la voce, come ci spiega il presidente Mirco Rossetti, che nei giorni scorsi ha inviato una lettera in Federazione. «Siamo stanchi che in campo si sentano parole pesanti verso il nostro giocatore Yabre, lasceremo il campo la prossima volta che si verificheranno episodi di razzismo»
Stefano Testoni
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Insulti razzisti al giocatore
l'Orlando ritira la squadra


E' una società sportiva di Livorno satellite del Milan. La squadra classe 1996 stava vincendo per 4-0 contro il Venturina. A metà ripresa uno degli avversari grida "Negro di m..." a un giovane senegalese. L'allenatore: "Il ragazzo è uscito in lacrime, non si poteva continuare a giocare di fronte a un'offesa del genere"


"Negro di m...", il ragazzino senegalese cresciuto in Italia scoppia in lacrime e il suo allenatore ritira la squadra: accade nella gara di allievi provinciali Orlando-Venturina. Il ragazzo di colore gioca con l'Orlando, club satellite del Milan. Quando nell'agonismo è entrato il razzismo, il tecnico dell'Orlando, Luigi Campetti, ha ritirato la squadra che vinceva 4-0. La notizia viene raccontata dal Tirreno, anche se il Venturina nega l'episodio avvenuto a metà ripresa, quando l'arbitro ha fischiato la fine della gara.

In campo ci sono ragazzi classe 1996. Campetti racconto di aver visto il suo giocatore fuggire dal campo in lacrime: "Sono veramente indignato, non volevo nemmeno crederci. Ma di fronte a certe cose non si può far finta di niente. La società è vicina alla famiglia, non si possono ripetere episodi del genere, per questo abbiamo ritirato la squadra". 

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Israele: tifosi del Beitar Jersulam insultano propri giocatori quando segnano.

A giugno la UEFA svolgerà i campionati europei Under21 in Israele e molti si domandano se la scelta sia stata corretta.
All'inizio di questa stagione, Beitar Jersulam ha rotto la propria versione della "linea del colore", ingaggiando i primi due giocatori musulmani nella storia della squadra: Zaur Sadayev e Dzhabrail Kadiyev. Com'era prevedibile, i sostenitori del Beitar sono inferociti tanto che insulti e provocazioni hanno colpito Sadayev e Kadiyev ogni volta sono scesi in campo o hanno toccato la palla. Diversi ultras della squadra hanno mostrato uno striscione che diceva: "Beitar è puro per sempre." Altri hanno tentato di bruciare gli uffici della squadra. Questo è nulla rispetto a quanto è successo quando Sadayev ha segnato il suo primo gol per la squadra la scorsa settimana. All’ esultanza dell'attaccante, centinaia di spettatori del Beitar Gerusalemme si è alzato e ha lasciato lo stadio. Anche per gli standard di gioco del calcio, dove il razzismo in campo è una piaga continua, questa azione organizzata è sconcertante.

Come un ultras ha detto a The Independent, "La reazione ai giocatori musulmani che sono qui non è razzista. Ma l'esistenza del club è in pericolo. Il Beitar è un simbolo per tutto il Paese. "Un altro ha detto:" Non è razzismo, solo che non dovrebbe essere qui .... Beitar Gerusalemme è sempre stato
puro, ma ora è distrutto, molti degli altri giocatori stanno pensando di lasciare a causa dei giocatori musulmani che sono qui "

Moshe Zimmermann, uno storico dello sport presso la Hebrew University, ha dichiarato al New York Times che vede qualcosa di più scuro è al lavoro nel calcio e non si tratta solo di ultra estremisti: "La gente in Israele di solito identifichiamo gli ultras del Beitar Gerusalemme come una frangia estrema, questo è un modo per superare l'imbarazzo. Il fatto è che la società israeliana nel suo complesso è sempre più razzista, o per utilizzare un’altra espressione almeno più etnocentrica"

Se accettiamo la chiave di lettura di Zimmerman, che i tifosi del Beitar sono uno specchio credibile di tutto il paese le loro azioni degli ultimi anni diventato ancora più spaventose. Nel marzo scorso dopo una partita, centinaia di sostenitori del Beitar hanno invaso un centro commerciale a Gerusalemme Ovest e brutalmente aggredito un gruppo di custodi palestinesi cantando "Morte agli arabi". Mohammed Yusef, uno degli addetti alle pulizie che era presente lo ha descritto come ". un tentativo di linciaggio di massa". La notizia del giorno sul giornale Haaretz dice tanto: "Centinaia di tifosi di Beitar Gerusalemme picchiato lavoratori arabi nel centro commerciale, nessun arresto."

Mentre agli ultra del Beitar è stata data una grande libertà d'azione da parte delle autorità nell'esercizio di atti di intimidazione, la cosa ha suscitato anche un po 'di un imbarazzo internazionale. L'anno scorso, Dan Ephron di Newsweek ha scritto su la squadra con il sotto-titolo, "per la squadra del cuore di Gerusalemme c’ è bisogno dell'assunzione di politiche che ricordano l'apartheid." L'articolo, che ha neppure una citazione di qualsiasi palestinese, cita un scrittore di calcio israeliano di nome Yoav Borowitz. Ephron scrive:


Borowitz paragona il Beitar alle squadre di rugby solo per bianchi del Sud Africa durante il periodo dell'apartheid, un confronto che la maggior parte degli israeliani avrebbe trovato ripugnante. In un recente post sul blog, Borowitz promesso di non occuparsi più del Beitar e ha invitato altri giornalisti a fare lo stesso. "Una squadra di calcio che è disposto a far firmare gli arabi appartiene al cestino della storia", ha scritto. "Io stesso ho scritto più di un paio di articoli su Beitar .... io non lo farò più".

La notizia del comportamento degli ultra del Beitar allontanatisi al goal del loro attaccnte di origine araba arriva anche in un momento molto sgradito per il calcio israeliano. Israele ospiterà una competizione dell’ UEFA, gli europei Under 21 a giugno. Una decisione che è già stato oggetto di una protesta costante, compresa l'occupazione degli uffici della UEFA da parte dei manifestanti per i diritti palestinese e con la creazione di un'organizzazione chiamata "Cartellino Rosso al razzismo israeliano".

La repressione israeliana verso la squadra nazionale della Palestina, compresa la detenzione e l'assassinio di giocatori e il bombardamento della sede della squadra lo scorso autunno a Gaza, ha spinto non solo gli attivisti ma anche giocatori e la stessa FIFA all'azione. Nel 2010, anche il presidente della UEFA Michel Platini ha minacciato Israele di espulsione dalla FIFA se avesse continuato a minare il calcio in Palestina. Platini ha detto: "Israele deve scegliere tra consentire che lo sport palestinese continuai a prosperare o essere costretta ad affrontare le conseguenze del suo comportamento."


Quello che fa impazzire la gente è che tenendo la Under 21 in Israele, sembra in realtà come il paese venga ricompensato .

La grande potenza dello sport è storicamente che ha fornito lo spazio per le persone emarginate a trovare una voce, oltre che un ambiente che garantisca l’integrazione attraverso il gioco, questa voce in questo paese è ancora soffocata.
Fonte : The Nation

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