venerdì 15 ottobre 2010

alcune considerazioni su Italia-Serbia...

I fatti di Italia-Serbia non hanno nulla a che vedere con lo sport e il calcio. Sono una questione pienamente politica e non è la prima volta che gli stadi sono stati da una parte degli amplificatori di tensioni sociali e dall'altra utilizzati come palcoscenici mediatici per odii etnici, religiosi o politici. Basta ricordare le conseguenze e la valenza simbolica che ebbero i famosi scontri tra "Dinamo Zagabria-Stella Rossa" nel 1990 alla vigilia dello scoppio della guerra in Ex-Jugoslavia.
Non si possono interpretare le azioni degli ultras serbi senza considerare ad esempio gli scontri del week-end scorso a Belgrado contro il Gay-Pride e più in generale il clima politico che si vive in Serbia e in molti altri paesi dell'Europa Orientale all'interno della crisi e del dibattito sull'allargamento dell'Unione Europea ad est.
Le frange ultranazionaliste e ultraclericali di estrema destra delle curve di Belgrado, probabilmente con qualche aiuto "logistico" da parte di ambienti curvaioli italiani di estrema destra, hanno praticato un'azione esclusivamente mediatica (negli stadi italiani se ne sono viste di molto peggio...), sfruttando l'attenzione legata a una partita tra due nazionali. L'aspetto preoccupante della vicenda è che tutto ciò ha delle conseguenze che arrivano a mettere in difficoltà le relazioni diplomatiche tra paesi, mette in discussione il tema dell'entrata in Europa. Troppe volte lo sport viene utilizzato per fini politici o economici, a volte è una "prosecuzione della politica con altri mezzi", come si sottolinea perfettamente nel blog "Sport alla Rovescia". Bisogna rovesciare questa tendenza, il calcio e lo sport in generale devono essere momenti di incontro tra diversi ed abbattimento di pregiudizi e non il mezzo per alimentare ideologie xenofobe e razziste.
Altro aspetto di riflessione della serata di martedì è stato la totale incapacità ed ignoranza di chi dovebbe in teoria mantenere l'ordine pubblico. Italia-Serbia è stata la dimostrazione che gli autori di vent'anni di sperimentazione di leggi speciali e repressive nei confronti degli ultras non conoscono assolutamente la questione o molto probabilmente non hanno mai messo piede in uno stadio nella loro vita. I tentativi di Maroni di gestione pubblica del totale fallimento di Genova sono ridicoli, come ad esempio dare la colpa alla polizia serba di scarsa comunicazione ed informazione. Chiunque conosce un po' iI fenomeno ultras, è a conoscenza della "fama" delle tifoserie serbe. Nell'era dei tornelli, dei metal detector e della tessera del tifoso come è stato possibile far entrar dentro lo stadio l'arsenale sfoggiato dagli ultras serbi? E soprattutto come è stato possibile che un ragazzo di 30 anni da solo abbia preso per i fondelli un intero stadio per un'ora?
Forse perchè oltre alla violenza repressiva le forze dell'ordine non conoscono altri modi di gestione dell'ordine pubblico dentro e fuori gli stadi?

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