lunedì 16 maggio 2011

"Sta società non vale un cazzo ohohohoh"

Questo è il coro che ormai da due anni si alza spesso dalla curva sud di Vicenza. L'ambiente biancorosso dopo aver accolto Cassingena come il salvatore che ha riportato il Vicenza Calcio ai vicentini dopo la parentesi inglese, ora non ne può più. Al di là degli scarsissimi risultati ottenuti in questi anni tra salvezze all'ultima giornata e in un caso anche ripescaggio dopo la sconfitta ai play-out con la Triestina, al di là delle promesse in pompa magna di play-off ad inizio stagione, al di là dell'assenza cronica di un progetto serio tecnico-sportivo di medio-lungo periodo, al di là di tutto ciò quello che non va giù all'ambiente biancorosso è lo stile e il modo in cui è gestita la squadra biancorossa. Tutti sono nostalgici del periodo di Pieraldo "Robin Hood" Dalle Carbonare, non solo per le grandi stagioni in A con Guidolin, la vittoria della Coppa Italia o la semifinale di Coppa delle Coppe con il Chelsea, ma soprattutto per quel focoso presidente che prima di tutto era un tifoso. Indimenticabili erano le partite con Pieraldo in panchina magari espulso per proteste. In quegli anni veramente il Vicenza era un patrimonio collettivo e il legame con la tifoseria era vero e sincero.
Ora, sarà a causa delle trasformazioni in generale del calcio in business, ma ora ci troviamo dei freddi manager a gestire il Vicenza. Non è solo questo il problema però. Oltre ad avere un branco di personaggi che di calcio capiscono poco, sono un gruppo di personaggi che decide le sorti del Vicenza in base ai loro tornaconti economici personali.
Nell'accordo di cessione con gli inglesi della Enic c'era una clausola che prevedeva che se nei cinque anni successivi il Vicenza fosse finito in serie A, Cassingena avrebbe dovuto versare più soldi. Per sicurezza negli ultimi cinque anni il Vicenza è rimasto saldamente aggrappato alla zona retrocessione! La tecnica è stata abbastanza semplice, a parte l'anno di Zampagna, partenze spumeggianti, zona play-off fino a febbraio così si illudono i tifosi, poi fatalità incredibile crollo fisico della squadra che smette di giocare fino a fine campionato. Così magari si possono vendere un po' di partite a fine campionato e fare cassa.
Come spiega bene il libro "Le Mafie nel Pallone", scritto da Daniele Poto e presentato nel marzo scorso al Bocciodromo, il meccanismo è abbastanza semplice e redditizio. Due squadre si mettono d'accordo di perdere reciprocamente in casa, così sono tre punti a testa e soprattutto le vittorie in trasferta vengono pagate di più nel calcio-scommesse. Prendiamo le partite col Crotone. A Crotone il Vicenza ha sempre vinto e tutti ricorderanno la vittoria salvezza per 1-0 con gol di Paonessa all'ultima giornata di qualche anno fa. E il Crotone a Vicenza? Vince praticamente quasi sempre. Quest'anno nei giorni precedenti la partita con il Crotone le agenzie di scommesse avevano bloccato le scommesse sul 2 del Crotone per andamento anomalo.
Stessa cosa qualche campionato fa per la sfida salvezza Vicenza-Empoli. Questa volta erano state sospese le scommesse sul risultato di 2-1 per il Vicenza. Indovinate come finì quella partita?
E' vero che le partite sono da sempre vendute, truccate oppure regolate da taciti accordi tra giocatori, soprattutto a fine stagione, ma quello che dà enormemente fastidio da quando c'è Cassingena,  è che tutto ciò è estremamente palese, evidente, si ha la netta sensazione di assistere ad una partita finta, dove perfino le esultanze o le incazzature sono una recita. L'ultima partita con il Pescara ne è un esempio oppure si potrebbe citare lo schifoso 0-0 con il Padova l'anno scorso con le due squadre fischiate da tutte e due le tifoserie.
L'altro aspetto incredibile è la vicenda del centro tecnico di Isola. Questa struttura dove si allena il Vicenza è stato venduto alla River Spa di Danilo Preto, attuale presidente del Vicenza, e Preto, in quanto proprietario della struttura, riceve dal Vicenza Calcio un affitto di 480.000 euro annuali al posto dei 200.000 che si versava prima della cessione alla River. Se questo non è interesse personale....
A completare questo fantastico quadretto cosa c'è? La River Spa è una delle aziende, amministrate da Preto, considerate come custodi del tesoretto del clan mafioso dei Lo Piccolo di Palermo. Infatti Preto nel 2009 è stato raggiunto da un avviso di garanzia per trasferimento fraudolento di valori. In poche parole i Lo Piccolo hanno intestato a un prestanome, il defunto Paolo Sgroi, beni per un valore di 250 milioni di euro. Sgroi, ex patron dei supermercati Sisa in Sicilia, ha dato ordine alla sua fiduciaria di vendere a Preto delle quote di quattro società, tra cui la River.
Un quadretto agghiacciante che chiudiamo con questa dichiarazione di Preto all'interno di un'intervista nel 2008: "Oggi i giochi non si svolgono solo sui campi da calcio ma esiste un gioco di natura economica che manovra il dietro le quinte. Si è persa la vera natura del calcio."
Almeno lo ammette...

1 commento:

  1. "Infatti Preto nel 2009 è stato raggiunto da un avviso di garanzia per trasferimento fraudolento di valori."

    Secondo le notizie che si trovano in rete Preto non è stato rinviato a giudizio. Quindi è inattaccabile da questo punto di vista.

    http://www.vicenzapiu.com/leggi/coup-de-thetre-albanese-e-preto-gli-alter-ego

    Per il resto articolo molto interessante!

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